La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale si sviluppa negli anni Settanta del XX secolo integrando due forme di psicoterapia: la Terapia Comportamentale e la Terapia Cognitiva, sintetizzando gli approcci neocomportamentisti della Rebt, la Rational-Emotive Behavior Therapy di Albert Ellis, e della terapia cognitiva classica di Aaron Beck.

La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è riconosciuta dalla comunità scientifica internazionale e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità fra le terapie più efficaci nella maggior parte dei disturbi emozionali e comportamentali.

Nella Psicoterapia Cognitivo Comportamentale, il legame che si instaura con il terapeuta, la cosiddetta relazione terapeutica, permette al paziente di prendere consapevolezza dei propri processi emotivi, al fine di ottenere una maggiore stabilità emotiva ed una maggiore capacità di fronteggiare gli eventi negativi. L’obiettivo della terapia è quello di trasferire al paziente, attraverso tecniche specifiche, le abilità comportamentali e cognitive utili a modificare i pensieri, i comportamenti e le azioni che creano il disagio e la sofferenza psichica e stimolarne l’azione in maniera nuova e diversa, nella direzione del sentirsi meglio, con maggiore sicurezza di sé e più forza nella decisioni da prendere.

L’integrazione della Rebt nell’approccio cognitivista standard, ha permesso il superamento dello schema nel quale il terapeuta è il solo soggetto attivo della terapia che guida il paziente. Nella concezione costruttivista è invece il paziente che, con la supervisione dello psicoterapeuta, va alla ricerca delle sue personali vie di visione del mondo, le più percorribili e le meno rigide per il proprio modo di pensare. Nel costruttivismo non esiste una realtà oggettiva, uguale per tutti, ma piuttosto una realtà differente a seconda di chi la vive, personale da soggetto a soggetto: l’aiuto dello specialista permette al paziente di trovare e percorrere consapevolmente questa via terapeutica soggettiva. Il terapeuta accompagna il paziente nella ricerca e a ritrovare le risorse che possiede ma non utilizza, in quanto bloccate dal trauma o dall’insicurezza.

L’approccio cognitivo-comportamentale aiuta nella diagnosi e nella cura di:

  • ansia
  • attacchi di panico

depressione

distimia o disturbo dell’umore

disturbi del comportamento alimentare (anoressia e bulimia)

disturbo bipolare

disturbo borderline di personalità

disturbo istrionico di personalità

disturbo ossessivo-compulsivo

disturbo paranoide di personalità

disturbo post-traumatico da stress